martedì 24 aprile 2007

Due italiani alla conquista del Belgio


Giorno #1 – IL VIAGGIO

Sei giorni di vacanza proprio ci volevano.
Era da Agosto dello scorso anno che non staccavo dalla routine quotidiana e questo breve break mi ha davvero fatto bene, ed in questo racconto cercherò di dare una versione globale e completa di ciò che abbiamo combinato in Belgio, non solo dal lato ciclistico. Non è stata una vacanza tutto relax, tuttavia... come avrete modo di leggere di tempo per “riposarsi” in senso stretto ce n’è stato poco. Il viaggio innanzitutto è molto lungo.... fortunatamente passando da paesi piuttosto diversificati non pesa più di tanto e le quasi dodici ore necessarie (facendo attenzione ai limiti e con le soste) sono passate più o meno tranquille. Partenza alle ore 7.30, saremo in due in quest’avventura: io ed il mio amico e compagno di squadra Davide, mentre il Belgio avremo qualche “aggancio”. La macchina è carica... bagagli per due persone, due bici, e tre paia di ruote. Non c’è coda in autostrada, il tempo è bellissimo.... fino all’angosciante tunnel del Gottardo. Da lì in poi il tempo sarà brutto fino quasi a Basilea. Una breve sosta dopo Lucerna, per una seconda colazione, e via. A Basilea ci attende un po’ di coda, ma meno di mezz’ora... e si entra così in Germania. Passato Friburgo, dopo un po’ di km, si prende per Strasburgo dove i lavori in corso ci costringono ad un passaggio nel centro, poi via verso il Lussemburgo. Sosta per fare il pieno (gasolio a 0,903 E!) e FINALMENTE passiamo il confine con il Belgio!!! Il viaggio però non è finito... mancano ancora tre orette. A complicare le cose, arrivati a Bruxelles, la coda di chi lì ci lavora rallenta parecchio la nostra marcia. Sono le 19.30, ed entriamo in Evergem, piccolo borgo a nord di Gand. L’agriturismo dove alloggeremo è in realtà una fattoria, una tipica costruzione di alcune centinaia di anni con oche, anatre, galline ed animali vari. Molto gentili i proprietari, che fortunatamente parlano anche l’inglese (visto che noi non conosciamo nemmeno una parola di francese). Scarichiamo i bagagli e subito ci rimettiamo in auto verso Kortrijk, o Courtrai alla francese, che dista una cinquantina di km e dove ceneremo nell’hotel dove alloggiano Liquigas e Lampre. Siamo stanchi, parecchio, ma una buona cena ci fa riprendere un poco dal viaggio. Il pensiero è però al giorno seguente, quando andremo ad affrontare i muri del Giro delle Fiandre. Ci fanno notare che il pavè belga è VERAMENTE duro... ma questo ce l’immaginavamo. Scopriremo poi QUANTO è duro....


Giorno #2 – ALLA CONQUISTA DEL GRAMMONT

Il giorno seguente, venerdì 7 Aprile, la sveglia non suona prestissimo, verso le otto. Una colazione abbastanza abbondante e cominciamo a pianificare l’uscita in bici. La nostra idea è quella di partire in bicicletta direttamente dall’agriturismo, andare verso Oudenaarde, avvicinandoci quindi ai famigerati “muri” che rendono celebre la classica fiamminga. Purtroppo abbiamo a disposizione, per orientarci, solamente una piccola cartina schematica di circa 3 x 7 cm di dimensione, strappata dalla rivista Ciclismo, dalla quale desumere la strada. Chiediamo quindi informazioni al proprietario del B&B, che ci suggerisce la strada per Oudenaarde e che secondo lui è distante circa 25 km. Bene, i km alla fine dovrebbero risultare circa 140, tanti per me che non mi alleno mai su queste distanze. Ci mettiamo quindi in strada, la giornata promette davvero bene: in cielo non si vede neanche una nuvola, e la temperatura è giusto un po’ fresca ma siamo sicuri che si scalderà a breve. Dopo poche centinaia di metri di strada ci “scontriamo” subito con le piste ciclabili belghe. Infatti in Belgio, avendo a disposizione spazi piuttosto ampi ed aperti, terreni pianeggianti e soprattutto una spiccata cultura di rispetto nei confronti dei ciclisti, ogni strada ha la sua pista ciclabile a lato. Essendo presente ad OGNI strada, il ciclista è obbligato, giustamente, ad usufruirne. Davvero una comodità per i ciclisti, che tra l’altro hanno sempre la precedenza nei confronti delle macchine nell’attraversamento degli incroci. Qual è quindi il problema? Il problema è che non sono curate molto bene, sono “sporche” di pietrisco, vetri, foglie e così via, cosa che fa temere frequenti forature. Inoltre, non sono asfaltate: sono costituite da lastroni di cemento di circa 4 metri ciascuna, separate l’una dall’altra da uno spazio di un paio di cm riempito da bitume che risulta però in rilievo. Il risultato pratico è che OGNI QUATTRO METRI la bici sobbalza.... tumtum.... tumtum... tumtum... tumtum... dopo un po’ tirerebbero scemo chiunque, ed i polsi cominciano a far male! Un mistero come i belgi riescano a fare centinaia di km in queste condizioni. Arriviamo quindi ad un grosso incrocio, dove si intersecano diverse arterie principali ed in neanche una direzione viene indicata la nostra meta. E ora dove andiamo? Mentre siamo fermi vediamo passare un ciclista: comincia l’inseguimento! Dopo alcuni km lo raggiungiamo (stava spingendo abbastanza forte) e chiediamo informazioni sulla strada. Dice che sta andando anche lui nella stessa direzione, e ci mettiamo a ruota scambiando qualche parola ogni tanto. Attraversiamo alcuni abitati con le piccole casette tipiche di questa regione, con molti dentro-fuori (da soli non avremmo trovato MAI la strada giusta). Abbiamo a questo punto percorso circa venti km, oramai dovremmo esserci. Chiediamo quindi alla nostra “guida indigena”, che tuttavia ci dice che Oudenaarde dista ancora circa 15 km. Vabbè... una decina di km in più. Ci immettiamo quindi lungo una pista ciclabile, o comunque una strada a traffico zero, lungo un torrente alla nostra sinistra. Non passa veramente nessuno, e possiamo ammirare la natura ed il paesaggio. Una gran varietà di animali ci fanno compagnia: anatre, aironi, lepri, fagiani... e procediamo così per molti km. La strada è sempre dritta, sempre lungo il canale, sempre con una fila di pioppi alla nostra destra... non c’è neanche una curva! Ad un certo punto l’indigeno dice che deve tornare indietro per andare in ufficio, e ci lascia dicendo di andare sempre dritti. I km sono 37, ben più di quelli che ci aspettavamo.... e continuiamo. Incrociamo due ciclisti, li fermiamo, e chiediamo quando manca. La loro risposta ci spiazza.... VENTI KM! Non abbiamo alternative se non quella di continuare.... e via, pedala-pedala-pedala lungo la stessa strada, sempre dritta, sempre col canale a sinistra, sempre col viale alberato a destra, sempre con gli animali, senza nessuno... Finalmente incontriamo un segno di civiltà, un piccolo paesino. Dove andare? Boh. Entriamo nel paesino e ci troviamo di fronte al primo tratto di VERO pavè... la bici sbatte da ogni parte, fa la traiettoria che vuole.... la pedalata si fa più pesante.... eh, è veramente duro!!! Ci riimmettiamo lungo la stessa strada lungo lo stesso canale con lo stesso viale alberato e andiamo avanti per circa tre km, consapevoli che al primo ponte dobbiamo attraversare il fiume poichè intuiamo che la direzione giusta è dall’altra parte, anche perchè vediamo passare sull’altra sponda delle ammiraglie con corridori al seguito, evidentemente a provare il percorso. Tuttavia, finchè arriva il nostro sguardo, non si vede alcun ponte... che fare? Torniamo indietro. Giriamo la bici e torniamo verso il paesino.... aggiungendo un po’ di km e arrivando finalmente a Kluisbergen dove ci aspetta il primo muro: guardiamo il computerino sulla bici: 65 km!!! A questo punto abbiamo già capito che i km totali della giornata saranno ben più dei 140 previsti. Il primo muro non è per niente duro: sì, la pendenza è attorno all’otto per cento (a naso... non ci si deve fidare dei cartelli per ciclisti a lato della strada che indicano salite e pendenze inesistenti) ma la fatica dura poco: una breve discesa e veniamo catapultati in tutt’altro paesaggio. Questa zona è molto rurale, le strade sono stettissime e si snodano tra piccoli paesini con casette dai mattoni rossi, su e giù dalle collinette, e dal fondo stradale cementato. Qui le piste ciclabili non ci sono quasi più, ma passa talmente poca gente in macchina (un sacco di ciclisti però) che non ci sono problemi di traffico. Da qui in poi percorreremo pochi km in linea retta, poichè il nostro ultimo muro sarà il Grammont a Geraardsbergen, ma moltissimi su-e-giù diverse volte dalle stesse collinette, ogni volta attaccate da una salita (muro) diversa. Affrontiamo quindi il primo muro in pavè degno di essere chiamato tale, la Mariaborrestraat nei pressi di Maarkedal, perchè sebbene la pendenza sia abbastanza dolce la salita misura quasi tre km, ed alla fine le braccia e le gambe gridano BASTA. Conviene quindi, a questo punto, fare una breve descrizione di cosa siano le strade in pavè. Questi cubi di porfido, dalle dimensioni di circa 15x10x10 cm, hanno una parte sommitale convessa, che sporge dalla strada, tuttavia ancora con gli spigoli vivi. Tra una pietra e l’altra c’è una distanza tale da far cresce l’erbetta, cosa che non permette di “galleggiare” con la bicicletta ma ogni colpo su ogni pietra si ripercuote su gomme, ruote, forcella, manubrio, polso, spalle e collo. Come se non bastasse non vengono messe parallelamente al terreno nei tratti in salita/discesa, ma inclinate in modo che lo spigolo resti più sollevato verso monte per dare più attrito alle macchine & co in caso di pioggia. Questo ovviamente rende ancora più difficoltosa la marcia. Le salite tuttavia, anzi i “muri”, non sono per nulla impegnativi, poichè anche alcuni di essi dai nomi altisonanti come il “Tenbosse” si affrontano col 53, anche per corridori come me poco allenati su queste distanze. Fa molto caldo, la temperatura è superiore ai 23 gradi, e abbiamo finito l’acqua delle borracce. Ad ogni nucleo di case cerchiamo fontanelle o bar, ma non c’è niente. Continuiamo quindi per diversi km, sempre alla ricerca, quando finalmente in fondo ad un velocissimo discesone su strada molto larga troviamo un bar con molti ciclisti fermi, ed all’interno foto autografate di corridori. Prendiamo quindi un bicchiere d’acqua a testa e la cameriera ci riempie le borracce... SPENDIAMO UNO SPROPOSITO! Ma era necessario.... I muri passano abbastanza bene, siamo stanchi e verso il finale sbagliamo spesso strada: nella prima parte c’erano numerosi cartelli, ma avendo superato la macchina degli addetti che segnavano il percorso, la seconda parte non aveva indicazioni. Spesso, in terra, c’erano dipinte delle frecce che indicavano “RVV”, acronimo di “Ronde Van Vlaanderen”, la denominazione locale del Giro delle Fiandre, cosa che ci ha permesso di “tirarci” all’ultimo muro, forse il più duro... il Grammont. Arriviamo nel paesino di Geraardsbergen, e troviamo un supermercato in cui ci fiondiamo per comprare da bere. Questo è il muro sicuramente più famoso, spesso decisivo per la gara, e ci aspettiamo quindi di fare molta fatica. Addirittura in me si è insinuato il timore di mettere il piede a terra, anche perchè oramail il computerino segna 160 km, distanza da me affrontata solo una volta, ed ancora mancava il ritorno a casa. Cominciamo quindi a salire, superando la piazzetta in pavè dove alcuni ciclisti italiani riconoscono la divisa del mio compagno: lo chiamano e ci si ferma un attimo a parlare. Riprendiamo a pedalare, ed entriamo nel bosco. “Ecco, qui comincia il tratto duro” pensavo... metto quindi il 39/25 aspettandomi di fare fatica. Non era però così duro... e il primo tratto passa tranquillo. Arrivo alla curva verso sinistra: “Forse è qui il duro”, ma invece la strada spiana. Scalo due o tre denti e proseguo, passo i bar sulla sinistra e svolto a destra, dove penso “allora sarà qua il difficile”. Salgo, salgo.... e la salita finisce!!! Mi sono sentito molto soddisfatto perchè anche questo muro, storico, non era poi così duro... chiaramente poi i corridori in gara lo affronteranno molto forte, e sarà questo a fare la selezione. Bene, le salite sono finite! Ora il bello è trovare la strada verso casa, quindi verso Gand. Appena finita la discesa, passato lo stagnetto con le papere, troviamo subito un cartello con indicazione “Gand 38 km”. Ahia, sono tanti.... ma chiediamo informazioni ed è l’unica strada. Era la cosa peggiore che potesse capitarci: stradone ampio, tutto saliscendi “a vista”, poichè il lungo rettilineo permetteva di vedere come procedeva la strada per kilometri. Pian pianino si va... e dopo un periodo di tempo che è parso lunghissimo arriviamo finalmente a Gand. Mi sento di dire: “Guardiamo subito da che parte ci siamo arrivati a Gand, così ragioniamo sulla strada da fare”, ma la risposta di Davide è “Ci siamo arrivati da sotto, lo attraversiamo ed arriviamo all’agriturismo”. Attraversiamo quindi tutto il centro della città, molto trafficata, fino a che capiamo che siamo andati parecchio in là, ma senza sapere dove. Chiediamo informazioni ad una signora che pedalava con una bambina sul seggiolino posteriore. Ci dice di seguirla, e che ci avrebbe indicato la strada da fare. Attraversiamo un paio di incroci, noi a ruota della sua “Graziella” con la bambina stupita che ci fissava (chissà che facce avevamo....). Ok, ci fermiamo e ci mostra la strada da seguire dicendo che mancano circa 5 km. Ci crollano le braccia, pensavamo di essere arrivati.... e proseguiamo. Dopo un po’ che procediamo capiamo di non essere sicuri della strada, e chiediamo ancora informazioni, questa volta ad un vecchietto. Il paesino di Evergem non l’ha mai sentito nominare. Bene. Che fare? Cerchiamo di ricordare cosa c’era lì vicino... il McDonald’s, l’area fiere, il Brico.... finalmente comprende: 7 km! Nooooo.... basta........ ma procediamo. Usciamo quindi dalla città su stradoni ampi, tutti uguali.... i paesaggi non cambiano mai.... ma dove siamo?!?! Fermiamo un ragazzo in bicicletta, che aveva tutta l’aria di essere il matto del paese, che però ci dà indicazioni precise.... dicendo però che mancano 12 km!!! Ma come??? Ci stiamo allontanando sempre di più??? Siamo stanchissimi, ogni km in più ed ogni strada sbagliata ci indeboliscono. In pratica ci dice di tornare indietro, non capiamo niente, visto che non conosciamo niente, nessuna località. Andiamo quindi a caso. Dopo un po’, veramente “alla frutta”, incrociamo un ciclista. Lo fermiamo. Gli diciamo la via, il paese... e la sua risposta è: “Ah, sì... è qui vicino, vi accompagno!” e noi “Sì ok, ma quanti km mancano???” “Circa 1,5 km”.... CE L’ABBIAMO FATTA!!! Ci accompagna, dopo un paio di incroci siamo arrivati. Nel frattempo ci racconta che suo fratello è un professionista, chiedendoci inoltre da dove arrivassimo. Entriamo sfiniti in camera, sono le 18.30 e i km totali 207!!! Prima di fare la doccia una telefonata: chiamo la mia amica Sara, che abita a Gand per motivi di studio/lavoro, con cui eravamo d’accordo che saremmo usciti a cena. Scopriamo che, così come in Italia, anche in Belgio siamo lontani giusto una decina di minuti di strada. Doccetta ed usciamo a cena, belli “brillanti”. Andiamo a mangiare in un locale turco, dove Sara dice che si spende pochissimo e si mangia abbastanza bene. Infatti ordiniamo una “pizza turca”, in sostanza una focaccia ricoperta da una miriade di cose, ma che ci rifocilla piuttosto bene, ed una birra. Finita la pizza il cameriere ci porta un piccolo dessert, ed un liquore forse alla banana, forse chissà. Il conto è di 21 euro... IN TRE! Spettacolare! Ci spostiamo quindi nel centro di Gand, dove Sara ci mostra alcune scorci molto belli della città, e poi nella zona dove sono presenti molti locali. Ci buttiamo nel primo, praticamente a caso, dove ordiniamo un cuba libre: imbevibile. Hanno uno strano modo di prepararlo, forse aggiungono succo di limone. Ricordo che anche in Grecia lo preparano così, e l’unico modo di bere qualcosa di decente è chiedere “coca e rhum”. Ci troviamo poi per caso in mezzo ad un addio al celibato omosessuale, la cui descrizione degli eventi tralascerò in questa sede. Andiamo a letto, sono le due e mezza, ed il giorno dopo abbiamo appuntamento con i ragazzi della Liquigas per andare a Roubaix.


Giorno #3 – ROTTA VERSO ROUBAIX


Ci svegliamo quindi alle 8, colazione e via verso Kortrijk. Pensavo di essere stravolto, ma fortunatamente non è così.... qualche energia residua mi è rimasta. Viaggio sempre nelle ultime posizioni, a ruota di otto corridori, e anche per questo la fatica è minima. Dopo una ventina di km attraversiamo il confine con la Francia ed entriamo nell’abitato di Roubaix. Andiamo così verso il velodromo, dove facciamo un emozionantissimo giro della pista.... in due giorni abbiamo visto i simboli di due classiche del nord!!! Torniamo indietro, sempre procedendo abbastanza tranquilli fino a Kortrijk, dove entriamo in centro per fare un giretto e per bere una birretta (nel mio caso ho provato una birra alla ciliegia, strana ma buona). Torniamo alla macchina, ci cambiamo e pranziamo al McDonald’s lì vicino. Sono ormai le 15.30 e rientriamo ad Evergem, in agriturismo, per riposare un poco visto che per la serata c’è in programma di visitare Bruxelles. Passiamo a prendere Sara, quindi, e ci immettiamo in autostrada. In tutta questa esperienza è stata di vitale importanza la presenza del palmare con Tomtom... altrimenti sarebbe stato un dramma! Lì a Bruxelles ci spostiamo dapprima a piedi, poi in metropolitana, alla ricerca di un posto dove mangiare. Finiamo in mezzo ad una grossa rissa tra senzatetto in metropolitana, c’è molto sangue, e usciamo di fretta da quel posto. Non troviamo niente di “decente” (noi italiani, fortunatamente, siamo abituati MOLTO bene) finchè ci infiliamo in una specie di bar che serve cibo anche da asporto, ed ancora una volta ceniamo con fritti & cose simili. Ma questo è l’unico modo di mangiare... Ci incamminiamo quindi ancora verso il centro, dove ci hanno consigliato una discoteca. Il buttafuori tuttavia non ci fa entrare, “perchè non abbiamo la tessera”... e non è possibile averla perchè la fanno solo una volta usciti dal locale. E allora come facciamo? Niente, un po’ delusi torniamo a Gand per rientrare nel locale della sera precedente. Qui invece ci viene detto che “accettano solo clienti conosciuti e di cui si ricordano la faccia”. Proviamo con “ma noi eravamo qui ieri sera!”, ma rispondono che il sabato sera ha altre regole... passiamo la serata quindi nel locale di fianco. Torniamo che sono le quattro circa, ed andiamo filati a letto.


Giorno #4 – PASQUA NELLE FIANDRE

E’ domenica, nonchè giorno di Pasqua, ed è il gran giorno del Giro delle Fiandre. Ci svegliamo non presto, alle 9, ed in programma c’è di passare a prendere Sara, andare fino a Gerardsbergen dove ci piazzeremo in cima al Grammont per vedere la corsa. Ripercorriamo a ritroso la strada fatta al rientro dopo il giro in bici.... e mi affiorano ricordi che mi stancano al solo pensiero. Una volta in loco posteggiamo la macchina a lato della strada, e risaliamo dalla discesina con lo stagno delle papere. E’ presto, sono le 11, ma c’è già tantissima gente. Sono anche già “attivi” i baracchini che vendono hot dog e birra, numerossissimi in uno spazio molto ristretto. Studiamo quindi attentamente il punto in cui metterci, e lo identifichiamo nel prato di fronte all’uscita dall’ultima curva che immette sullo strappo finale. Appoggiamo lì le nostre cose ed assistiamo per ore al viavai di gente. Gente in bicicletta, gente a piedi, gente in costume, tifosi già ubriachi, tifosi che si preparano a bere... c’è di tutto. A mezzogiorno è l’ora del primo panino “unto”, a cui ne seguirà dopo poco un secondo. La gente continua a prendere posto, e di lì a poco c’è il passaggio della gara dei bambini. Ne passano di piccolissimi, tutti concentrati sulle loro biciclettine ed incitati da un calorosissimo tifo, sia dei genitori ed allenatori, sia dal pubblico divertito dalle gesta di questi futuri campioni. Ci sono quelli che hanno bici spaziali, con ruote in carbonio, altri invece che probabilmente hanno da poco tolto le rotelle. Tutti, però, si impegnano al massimo e quasi nessuno mette il piede a terra. Passano più tardi gli allievi, che salgono abbastanza veloci sul pavè. Alle 14, invece, è la volta della gara femminile. Passa in testa Nicole Cooke, sale con un passo fortissimo rispetto alle avversarie, difatti solo le immediate inseguitrici riescono a tenerle testa mentre più indietro la differenza di passo è netta, e giustificabile. Bene le italiane, nel gruppo inseguitore ce ne sono un paio. Oramai manca poco, il passaggio della corsa dovrebbe essere attorno alle 16.30. Cominciano quindi i movimenti organizzati dei tifosi, con cori da stadio, striscioni e tanta, tanta birra. Tutte le televisioni all’interno ed all’esterno dei bar trasmettono in diretta quello che sta succedendo un po’ di km più in là, ma non sono moltissimi coloro che la seguono. La spasmodica ricerca del posto in cui mettersi porta le persone a gesti “estremi”: qualcuno si arrampica sulle piante, qualcuno sui tetti, qualcuno... tenta di aggirare un bar dal bosco, verso un pendio proprio ripido ma qualcosa va storto tanto che cade e ruzzola. Arriva l’ambulanza, lo “ripescano” e lo portano via quando sembra già imminente il passaggio della corsa. Nessuno vuole mollare il proprio posto in prima fila, l’ambulanza è costretta a stringere molto una curva tanto che aggancia una transenna e le apre un fianco. Tutto questo non ha distratto minimamente i tifosi, che continuano imperterriti con i cori. Si sente il rumore dell’elicottero, anzi sono quattro: stanno per arrivare! Davanti a noi si sono sedute alcune persone: se si alzano è finita, perchè ci dovremo alzare in piedi anche noi, e allo stesso modo quelli dietro.... un caos, insomma. Arriva la moto ed esplode un boato di tutti, inoltre è l’italiano Ballan a scollinare per primo, la folla è però compostissima anche se rumorosissima, le grida sono assordanti. Si continua con questo tifo veramente “sfegatato” fino al passaggio degli ultimi corridori, quindi dopo diversi minuti. Ci si precipita quindi a vedere il finale sulle tv... ed è Ballan a trionfare! I belgi rimangono molto delusi per il secondo posto di Hoste, ma così è... Scendiamo verso il paesino, dove in una pasticceria compriamo un dolce tipico della zona, di cui non ricordo il nome, simile ad un bombolone ma non così pesante. Alcuni minuti seduti, e torniamo alla macchina. Il programma della serata prevederebbe una visita ad Anversa, ma ci attende una sorpresa al ritorno.... Noi non abbiamo portato le chiavi, ed i padroni non sono a casa. Attendiamo per quasi un’ora, dopo di che finalmente riusciamo a contattarli sul cellulare: stanno andando al cinema, ma tornano per aprirci la porta. Nel frattempo cambiamo il programma e decidiamo di restare a Gand, rimandando al giorno successivo la visita ad Anversa. Un riposino e via, andiamo da Sara e decidiamo di cenare ancora nel locale turco. Stavolta prendiamo una cosa che non sappiamo cosa sia, e di cui non riusciamo neanche a pronunciare bene il nome. Ci portano una specie di “zuppa”, ma asciutta, con moltissima carne saporita. E’ così abbondante che non riusciamo a finire il piatto, sebbene siamo grandi mangiatori, e dopo il liquore ed il dessert ci portano il conto: stavolta 30 euro, che comunque diviso per tre fa SOLO 10 euro a testa! Soddisfatti ci spostiamo verso la zona con i locali, dove entriamo nel disco pub del primo giorno, ma è quasi vuoto. Dopo un po’ usciamo e decidiamo di provare delle birre “speciali” in una birreria lì vicino, dove il cameriere, sentendo che siamo italiani, continua a ripeterci che ci odia (simpaticamente) a causa di Ballan che ha battuto un belga al Giro delle Fiandre.









Giorno #5 – ANVERSA

E’ il giorno di pasquetta, ultimo giorno “pieno” della nostra vacanza. Abbiamo appuntamento ancora con i ragazzi della Liquigas, che escono a fare una sgambatina dopo le fatiche del giorno precedente. Sostiamo per circa un’oretta in un bar di Kortrijk, dopo di che andiamo verso Lille ma dopo non molti km torniamo indietro, facendo giusto un’ora circa di pedalata. Senza cambiarci, andiamo in bicicletta al McDonald’s, e pranziamo sui tavolini all’esterno scaldati da un sole che probabilmente non hanno mai visto in Belgio. Torniamo ad Evergem, dove riposiamo un po’ prima di andare ad Anversa. Dista una settantina di km, ma ne vale davvero la pena. Arriviamo che sono circa le 17, e la città ci si presenta subito come molto luminosa, e moderna. Pur distando 90 km dal mare, rappresenta un’importante città portuale. Dopo aver visto tutto il centro, e la terrazza sul porto, ci fermiamo in una piazzetta per un aperitivo, degustando l’ottima birra locale ed assaggini di roba strana, tipo pesce e simili, ovviamente fritto. Ci si sposta quindi, ancora passeggiando per le viette di Anversa, alla ricerca di un posto dove cenare, e... dove andiamo? Ancora in un locale turco, visto che a questo punto pare essere l’unica nostra fonte di cibo. Questa volta prendiamo della carne arrostita, molto speziata e molto saporita, ancora una volta per un prezzo più che modico. La nostra vacanza è finita, ma prima di andare a casa è d’obbligo assaggiare di nuovo il “Wafel”, dolce tipico belga che viene servito con gelato, cioccolato, frutta o altre prelibatezze. Facciamo rientro a Gand, salutiamo Sara (nel frattempo convertita al ciclismo! Sono bastati pochi giorni per farla appassionare) ed andiamo a dormire per l’ultima volta nell’agriturismo.


Giorno #6 – IL RITORNO

Il viaggio di ritorno passerà tranquillo, ancora una volta col bel tempo, a parte una piccola sosta forzata per rabboccare l’olio del motore, a Basilea. Il Belgio in conclusione è molto caratteristico, rurale, tuttavia “moderno”. E’ però molto monotono... la varietà paesaggistica italiana è imbattibile. Così come la cucina.


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